Nelle varie epoche storiche, in Lagorai la montagna ha sempre rappresentato per le popolazioni che vi hanno vissuto, non già un fattore di divisione,bensì un luogo di contatti e scambi culturali e commerciali.  Attraverso i valichi e le creste del  Lagorai le comunità delle varie vallate si sono mantenute in costante intenso rapporto: i Mocheni scavalcavano la Portella per scendere in Valsugana e raggiungevano per il passo di Cagnon la Val Calamento o, attraverso il passo di Cadino, la Val di Fiemme, per assicurarsi piccoli guadagni con l’allevamento ed il commercio dei vitelli da latte, oppure per compiere il loro “giro” invernale con la “casetta” in spalla. I Fiemmazzi  per il passo del Manghen trasportavano il loro legname in Valsugana. Gli abitanti del Vanoi attraverso passo Sadole scendevano a Fiemme per piccoli commerci o per trovarvi lavoro stagionale. I taglialegna del Primiero contrabbandavano granaglie dal Feltrino, sfruttando le particolari esenzioni di cui godevano i boscaioli. I Tesini andavano a sposare le fanciulle mochene in Valle del Fersina e giravano il mondo portando sulle spalle le loro mercanzie. I medesimi  ritmi vitali, le medesime fatiche, il fatto di avere in comune anche i diritti di utilizzazione della montagna (il pascolo, l’alpeggio il taglio del bosco, la caccia, la pesca), creavano le premesse di una solidarietà profonda e convinta. Inoltre ha sempre accomunato le genti del Lagorai una medesima fede religiosa, testimoniata anche dai tanti affreschi e dipinti murali che ancora oggi decorano i più vecchi, sia dei  centri maggiori (Predazzo, Cavalese, Caoria), che dei più piccoli villaggi. Di particolare interesse è la Crocefissione sul muro di una casa dietro la vecchia chiesa di Caoria: il paesaggio dello sfondo sembra sia quello di Praga e questo particolare  consentirebbe di collegare il dipinto alla presenza in valle, nel XVI secolo, di molti minatori provenienti dalle zone minerarie circostanti la città boema, chiamati dai Welsperg  per lavorare nelle miniere del Primiero. A caratterizzare la religiosità di queste popolazioni, tuttavia, intervennero antiche credenze, probabilmente riconducibili ad elementi della cultura precristiana. In tale mondo di fede e di fantasia, trovarono grande spazio i fenomeni della natura, in quanto riferimenti imprescindibili della quotidiana esperienza di tutti, interpretati però attraverso una lettura di tipo animistico e pagano. Ad esempio le streghe e le fate (“strie”, “vivane”, “marande”, “anguane”) erano sempre presenti  nei racconti di questi pastori, contadini e viandanti, trasmessi di generazioni in generazioni nei lunghi “filò” delle serate invernali. Purtroppo ciò non impedì che anche in queste terre, al tempo dei processi alle streghe, tante donne innocenti venissero sommariamente processate, torturate ed uccise, perché sospettate di stregoneria: per tale accusa soltanto in Fiemme, nel 1505, ben quindici donne morirono per le torture o perché bruciate sul rogo.