Come nacque il ghiacciaio della Marmolada

Si racconta che tanto tempo fa, dove ora si estende il ghiacciaio della Marmolada, ci fossero campi e pascoli di proprietà di una donna di Penìa, ricca ma avara. Il 5 agosto, quando a Gries si festeggia la Madonna, tutti i contadini sospendevano il lavoro per andare alla funzione. Ma un anno quella donna di Penìa, temendo l’arrivo di un temporale, decise di andare ugualmente a raccogliere il fieno sui prati invece di andare alla Messa. A chi le consigliava di non commettere questo peccato, ella rispondeva che della Madonna non le interessava niente, e invece le importava preservare il fieno dalla pioggia. Quel giorno però venne a nevicare, e nevicò così tanto e così tanto che presto i campi e i prati ne furono ricoperti. Anche la donna, e i parenti che l’avevano accompagnata restarono sepolti sotto la neve, che presto si trasformò in una spessa coltre di ghiaccio, da allora mai più scioltasi. Nelle notti di luna piena, quando il ghiacciaio brilla di luce spettrale, si possono ancora sentire i lamenti della donna avara e dei suoi parenti.

El Salvan da ‘luoster

Una delle più note leggende tradizionali delle valli Ladine è quella che racconta del Salvan, tipico personaggio selvaggio, abitatore dei boschi e delle montagne. La tradizione orale trasmessasi di padre in figlio racconta che, durante una gelida e nevosa notte di tanti anni fa, un “Salvan” solitario, partito dalla sua grotta, ai piedi della Marmolada, raggiunse un casolare di contadini nel villaggio di Vallier, posto sopra l’abitato di Sottoguda, nella Val Pettorina in Comune di Rocca Pietore. Mentre la famiglia nel casolare era tutta riunita nella “Stua”, la tipica e calda stanza da soggiorno delle case ladine, un Salvan arrivò davanti alla casa, provò se la porta fosse aperta ed entrò. Il capofamiglia, identificò subito quella strana figura e visto che il Salvan, dimostrò subito di non voler andarsene, dichiarando di avere fame e di voler ancora dormire in quella casa per la notte l’uomo, ben conscio dell’irascibilità di questi personaggi, assecondò le sue richieste e gli diede da mangiare. Escogitò poi un sistema per far uscire dalla casa lo strano personaggio: gli chiese gentilmente di andare a prendere acqua nella fontana poco distante e, allo scopo, lo munì di un secchio bucato e di un cesto in vimini. Il Salvan, senza sospettare nulla, uscì per fare quello che gli era stato chiesto così gentilmente ma, quando giunse alla fontana, si accorse della burla e tornò indietro molto arrabbiato. Nel frattempo la famiglia si era barricata in casa. L’uomo selvaggio li minacciò e disse che sarebbe ritornato con i suoi compagni ed aggiunse che, le porte delle case vanno sempre chiuse, anche solamente con uno stelo di paglia. In quella notte gelida, il Salvan sparì nella bufera. In primavera furono trovati i suoi resti e si scoprì che fu travolto ed ucciso da una valanga, mentre tentava di far ritorno alla sua grotta sulla Marmolada.

Conturina

Conturina era una bellissima giovane, che aveva come matrigna una nobile e ricca signora, padrona di un castello nella val di Contrin ai piedi della Marmolada e madre di due brutte figlie. Principi e cavalieri venivano a castello e tutti avevano occhi solo per Conturina, così che la matrigna, indispettita, le ordinò di tacere in presenza di ospiti, dicendo poi a tutti che era muta e stupida. Non importava: rimaneva l’unica ammirata. Le ordinò di star immobile, dicendo che era anche paralitica: anche così era l’unica apprezzata. Furente la matrigna chiamò una strega che la tramutò in statua di pietra, ma ancora tutti gli occhi erano per lei. La fece allora portare su un’altissima rupe che domina il Passo di Ombretta, che venisse infitta nella roccia e lì abbandonata. Passarono gli anni e nessuno sapeva dove fosse finita Conturina, mentre si sparse voce che si sentiva un canto di donna in cima a quei luoghi abbandonati. Li sentì un giovane soldato che faceva sentinella sul passo e riuscì a capirne le parole. Lei cantava la propria triste storia. Egli gridò che si sarebbe arrampicato per liberarla, ma lei gli rivelò che era troppo tardi. Nei primi 7 anni la liberazione sarebbe stata possibile, ma ormai l’incantesimo era insolubile. Qualche volta, chi passi per quel deserto di rocce che è la Valle Ombretta ode ancor il mesto canto della povera Conturina. La canzone è quasi tutta perduta, ma se ne salva ancora una strofa che le donne che lavorano nei campi hanno sentito e imparato. Son de sass e no me meve, son de crepa en Marmoleda, son na fìa abandoneda no sé per che resòn. [Sono di sasso e non mi muovo, sono fatta di crepe sulla Marmolada, sono una figlia abbandonata e non so per quale ragione].