La linea di difesa Chegul-Marzola-Maranza era piuttosto estesa: sul Monte Chegul vi erano postazioni d’artiglieria, con cannoni e obici a controllo e protezione della Valsugana. La linea proseguiva poi fin sulla vetta della Marzola e si snodava in una serie di caposaldi, collegati tra loro da una lunga trincea i cui tratti sono a tutt’oggi in buona parte visibili. Per certi versi la montagna della Marzola può essere considerata l’estremo baluardo della città di Trento: la proteggeva infatti, con la sua enorme mole, dal tiro dei cannoni posti sul forte Campomolon, il più vicino alla città irredenta fra tutti i forti italiani. Inoltre sulla Marzola i comandi austriaci avevano provveduto alla costruzione di varie opere: in particolare, nei pressi dell’attuale Rifugio Maranza si trovava una batteria d’artiglieria fortificata che doveva controllare tutto il versante sud della Marzola, andando a sostegno dei forti della Valsorda. A nord della “Batteria Maranza”, a quota 1220 m, vi era il Blockhaus Maranza che con la “Batteria” andava a formare un piccolo sistema: qui si trovava un distaccamento permanente di uomini, composto da un ufficiale e 16 soldati. È vero che la montagna della Marzola non fu mai attaccata nel corso delle Grande Guerra, ma è altrettanto vero che fu letteralmente sconvolta dai lavori di apprestamento e di difesa in vista di un conflitto con l’Italia: in particolare i lavori di fortificazione del territorio ebbero una decisa impennata nel periodo compreso tra il settembre del 1914 e il maggio del 1915. Vennero scavati 19 km di trincee, circa 300 caverne, posati sul terreno 100.000 metri quadrati di reticolato e abbattuti alberi e vegetazione su 200 ettari di terreno. L’opera quasi secolare della natura ha fatto il suo corso e molto è stato cancellato; la natura ha riassorbito tante ferite, altre si sono trasformate in testimonianza, eterno monito e semplicemente patrimonio storico di ciò che qui è stato.