Val Venegia: Un mondo di acque e fiori

E’ la parte alta del bacino della Val Travignolo, interamente compresa nel Parco Naturale di Paneveggio – Pale di San Martino. E’ una tipica valle di origine glaciale, raccolta fra la catena settentrionale delle Pale di San Martino e il Castelàz e la Costazza. Nel canalone fra il Cimon della Pala e la Mezzana scende ripido il ghiacciaio del Travignolo, un ghiacciaio di vallone alimentato dalle valanghe. Negli ultimi cinquant’anni il ghiacciaio è arretrato di circa duecento metri in dislivello e la fronte si ferma oggi verso i 2400 m. Comunque, il ghiacciaio del Travignolo mostra il suo passato di potenza, verso i 2200 m, con le morene recenti abbandonate, più in basso, verso i 1850 m nei pressi della Malga Venegiotta, con i grandi archi morenici würmiani (di circa sedicimila anni fa), costituiti di grossi blocchi e ormai colonizzati dalla vegetazione. La Val Venegia è uno dei biotopi più interessanti del parco, è caratterizzata dalla grande peccata subalpina e ha un pregio paesaggistico tutto particolare, che ne fa una delle aree più frequentate delle Pale. Vi sono interessanti affioramenti lavici nei pressi del Passo della Venegiotta, sul costone fra il Mulàz e il Passo Valles. Il nome della valle deriva dal fatto che nei secoli passati i tronchi tagliati nella foresta di Juribrutto erano destinati ai cantieri della Serenissima: essi venivano trascinati al Passo Valles e quindi fluitati lungo il corso del Biòis e del Cordèvole. La valle è stata molto studiata dai botanici fin dai primi decenni dell’Ottocento per le sue formazioni vegetali e i suoi preziosi endemismi. Vi si trova un esempio rarissimo di vegetazione delle alluvioni glaciali (una comunità a distribuzione artica caratterizzata da alcune rare specie di Carici); caratteristici sono anche i ripiani torbosi (con il rarissimo Iuncus articus) e i saliceti di sponda che si trovano nel tratto fra le malghe Venegia e Venegiotta. La zona della Costazza e di Cima Valles è celebre per le ricche fioriture delle praterie alpine, come quella della rara genzianella di Corinzia. Infine, va ricordato il Castelaz, che ospita ambienti assai diversificati: non vi crescono infatti solo piante tipiche del substrato calcareo-dolomitico, ma anche quelle delle zone silicee: il ripiano sommatale infatti presenta alcuni filoni basaltici.

Paneveggio: Una foresta per gli Stradivari

L’abete rosso della foresta di Paneveggio è di qualità eccellente grazie alla crescita lenta e regolare. Vi si trovano anche i cosiddetti “abeti di risonanza”, che danno un legno particolarmente adatto alla costruzione di casse armoniche grazie agli anelli di crescita molto sottili e perfettamente concentrici, con fibre diritte e fini e scarsa presenza di nodi. Famosi liutai, fra cui il grande Antonio Stradivari, usarono legno tratto da questa foresta, che ancora oggi fornisce materiali per la liuteria. Le particolari modalità di crescita di quegli abeti sembrano da mettersi in relazione con la cosiddetta “piccola glaciazione”, il periodo di freddo intenso e di recrudescenza climatica che interessò l’Europa continentale dal XVII secolo alla metà dell’Ottocento e che determinò una riduzione dell’attività fotosintetica delle piante; il minore afflusso di sostanze nutritive ne rallentò la crescita e questo favorì la compattezza e l’elasticità del legno. Un fattore positivo fu anche l’assenza, in quel periodo, di fenomeni di degrado dovuti all’inquinamento, dato che non c’erano attività minerarie nella zona.