Descrizione: Nel lato a nord-ovest è caratterizzata da un’impressionante parete verticale con un dislivello di più di 1000 metri ed una lunghezza di circa 4 km, tra la “cima Su Alto” e la “Torre Coldai”. È chiamata nell’ambiente alpinistico “la parete delle pareti”, sulla quale scorrono alcune famosissime vie, tra le quali la Solleder-Lettembauer, la Philip-Flamm, la via dei 5 di Valmadrera e altri itinerari di elevata difficoltà alpinistica. A 200 metri dalla vetta, sul pacato lato zoldano, sorge il piccolo rifugio Torrani. A nord del gruppo, presso il monte Coldai vi è il Rifugio Sonino al Coldai, al centro, sul versante alleghese, il rifugio Tissi.

Primi salitori: Il primo a raggiungere la vetta nel 1867 fu ufficialmente l’inglese Francis Fox Tuckett con le guide svizzere Melchior Anderegg e Jacob Anderegg. Di fatto, la punta fu sicuramente toccata almeno nel 1855 da Simeone De Silvestro detto Piovanel, cacciatore di Pecol e informatore del Tuckett. Può darsi addirittura che ve ne fossero stati altri prima di allora, tutti cacciatori spinti presso la vetta inseguendo i camosci.

Origine del nome: Il monte Civetta viene citato per la prima volta in un documento del 1665 con il nome di Zuita, e compare per la prima volta nella cartografia ufficiale in una carta dei Tirolo del 1774. Nella carta del Regno Lombardo Veneto del 1833 viene indicato con il nome di M. Civita. Domenico Rudatis, famoso alpinista vissuto nel periodo compreso tra le due guerre, fa risalire il toponimo alla parola latina civitas, Anche Antonio Stoppani, nel Bel Paese, descrive il monte Civetta simile a una grande “città turrita e merlata”, e in effetti la grande muraglia della parete nord-ovest può dare questa impressione. Molti però preferiscono associare il nome del monte al rapace notturno. Paul Grohmann scrive semplicemente che assomigliava a una civetta, ed Emilio Comici sostiene che veniva chiamata in questo modo “parchè la incanta”. Il nome adesso viene pronunciato Civetta e considerato di genere femminile. La gente del luogo lo chiamava “al Zuita” e sapeva perfettamente che questo non aveva alcun rapporto con l’italiano civetta. Il nome è preromano e la sua forma primitiva è civita: così sta scritto ancora sui vecchi documenti”. Forse non sarà mai possibile stabilire chi abbia ragione, ma il monte veniva chiamato Zuíta anche nello Zoldano, dove la grande parete nord-ovest non si vede. Più credibile è che venisse considerato stregato, portatore di disgrazie, come il rapace notturno della tradizione popolare, che veniva chiamato la zuita, femminile, e non al zuita, maschile.